“lo human-centered design non persegue soluzioni totalizzanti e definitive, bensì un continuo miglioramento
che si basa sui dati forniti dal coinvolgimento”

La solitudine dei Big Data

Cocktail di ricerca 11 Aprile 2023,in

Come la mappa non è il territorio, i numeri non sono le persone. Per questa ragione i questionari non sono ricerca con le persone, perché permettono la sola raccolta di dati da elaborare a fini statistici, ma non le rappresentano. Nei casi migliori ci forniscono uno spaccato di quello che le persone ci dicono di fare, di quali opinioni hanno e in quali affermazioni si identificano, ma mancano di profondità. Non ci dicono molto sulle loro motivazioni, su quali esperienze hanno generato quello che pensano e nulla delle emozioni che provano. E, soprattutto, questi dati non raccontano storie. E non le raccontano per una semplice ragione: perché sono numeri. In realtà sono quelli che i numeri li interpretano a costruire delle storie, molto spesso quelle più funzionali o più aderenti a quello che già conoscono o a quello che interessa loro mettere in evidenza.

Questo vale anche per tutti i dati raccolti automaticamente in grandissime quantità da aziende e organizzazioni, pubbliche o private. Sono i “Big Data”, ai quali in molti si affidano per mettere a punto le loro strategie di comunicazione, marketing e design. Ma per quanto evoluti possano essere gli strumenti utilizzati per analizzarli, anche questi dati forniscono solo un quadro parziale sulle attività delle persone, perché non ci dicono nulla sugli aspetti fondamentali che le riguardano: cosa le guida, quali bisogni profondi soddisfano e da quali paure cercano di proteggersi. I dati numerici sono uno scheletro, mancano la carne e il sangue che possano dare loro vita. Carne e sangue che solo coinvolgendo direttamente le persone, parlando con loro o osservandole possono essere aggiunte.

Questi dati, però, non sono inutili, ma possono essere utilizzati come “ingredienti” di tre cocktail di ricerca® molto efficaci e “sostanziosi”. Per chi se lo stesse chiedendo, i cocktail di ricerca® sono “un mix di attività create su misura dove interviste, etnografia, diaristica, co-creazione e questionari vengono miscelati per ottenere insight di valore”.

L’aspetto da sottolineare è che gli “ingredienti” da miscelare con i numeri sono le informazioni che appartengono alla sfera personale della singola persona, sono unici, come uniche sono le persone. Ingredienti che vengono distillati dalle storie che le persone raccontano, raccolte partendo da canovacci che le lasciano libere di esprimersi, dando valore a quello che realmente vale per loro.

Andiamo a vedere come dare forma ai nostri cocktail di ricerca®, quali misture possiamo fare.


Partiamo da quello dove utilizzare i “Big Data”.

Raccogli ed esplora
2/3 Dati da fonti specializzate
1/3 Interviste individuali o di gruppo

Questo cocktail si prepara quando si hanno a disposizione dati statistici sulle attività e sui comportamenti delle persone che possono essere utilizzati come punto di partenza per una esplorazione profonda delle loro motivazioni.

Caso di studio
Nel 2018, per un noto social network, UtLab organizzò 24 interviste a casa delle persone in due diverse città. Gli obiettivi e le domande di ricerca furono definiti a partire dalle statistiche elaborate su un campione di migliaia di persone. Questi dati influenzarono anche la scelta delle città dove svolgere la ricerca, alla quale parteciparono, come osservatori, anche i data scientist che avevano elaborato i dati, per conoscere in prima persona le persone dietro i numeri che avevano analizzato.


Passiamo ora a quelli dove utilizzare i dati raccolti con i questionari.

Circoscrivi ed esplora
2/3 Questionari
1/3 Interviste individuali o di gruppo

Questo cocktail si prepara quando si ha la necessità di selezionare i target da esplorare e di definire il perimetro della ricerca qualitativa. I questionari devono essere numericamente robusti, dai 300 ai 500 rispondenti, con una profilazione aperta.

Caso di studio
All’inizio di quest’anno, per un noto servizio di streaming di musica, in UtLab abbiamo organizzato 10 interviste in remoto. La ricerca faceva parte di una campagna che coinvolgeva altri 5 paesi. Gli obiettivi e le domande di ricerca sono stati definiti a partire da un questionario con 500 rispondenti, i cui risultati sono stati utilizzati per circoscrivere i target da coinvolgere e definire in dettaglio gli argomenti da esplorare nelle interviste.

Racconta e conferma
1/3 Interviste individuali o di gruppo
2/3 Questionari

Questo cocktail si prepara quando si ha la necessità, progettuale o politica, di fornire dati statistici per confermare le evidenze emerse e per “pesare” il valore dei profili individuati con la ricerca qualitativa. Anche in questo caso i questionari devono essere numericamente robusti, ma la profilazione è chiusa, ovvero vengono esclusi tutti i rispondenti non aderenti ai profili individuati.

Caso di studio
L’ultimo progetto in ordine di tempo per il quale abbiamo utilizzato questo cocktail è stato per Edison. Prima sono state svolte 18 interviste individuali e, successivamente, è stata somministrato un questionario che prevedeva 500 rispondenti validi. La selezione dei rispondenti è stata fatta a partire dai profili emersi nella ricerca qualitativa ed è stata molto stringente. Tutti gli argomenti trattati nel questionario derivavano dalle evidenze emerse nelle interviste, da “pesare” statisticamente.

Questo il caso di studio originale.

Altri casi di studio dove è stato utilizzato lo stesso cocktail:
Sarabanda: alla ricerca ad una nuova piattaforma di brand
Vimar: un nuovo design di prodotto


I tre cocktail di ricerca® descritti sono asincroni, perché le attività previste sono svolte in momenti diversi e in tutti i casi la parte qualitativa deve prevedere un numero adeguato di partecipanti, tra i 10 e i 20 possono andare bene.

Per essere veramente efficaci i cocktail di ricerca® vanno progettati con cura ed attenzione e non improvvisati. E soprattutto devono prevedere risultati che indichino le azioni da mettere in campo.

Infine devono far parte di un “disegno di ricerca” consapevole e voluto da chi poi avrà il potere di prendere decisioni strategiche sulle azioni proposte. Altrimenti saranno soldi buttati via.

In questo approccio il ruolo dei ricercatori e dei designer è fondamentale: non sono i dati, numerici o qualitativi, che guidano, ma loro, che interpretandoli, mettono a punto azioni e soluzioni progettuali, ed è la loro esperienza e sono le loro capacità che contano veramente.