Come sempre in queste occasioni, quando si torna si prova un senso di euforia, come quello dovuto all’aria di alta montagna. Tutto sembra facile e possibile. A poco a poco l’effetto svanisce, ma rimane sempre la sensazione di essere più ricchi e di avere maggiore consapevolezza del proprio lavoro. E questo,
grazie alle persone incontrate e
alle idee condivise. Quelle che seguono sono alcune considerazioni, fatte a mente fredda, su quello che ho visto e ascoltato.
- La maggior parte delle presentazioni trattavano dell’
usabilità come processo e non come strumento di valutazione. Si è parlato, quindi, di human-centered design, user experience, etc. senza mai perdere di vista l’obiettivo ultimo di questi approcci: rendere facile la vita alle persone che utilizzeranno i prodotti.
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Ricerche etnografiche e personaggi sono sempre parte integrante di questi approcci. In alcuni casi, Oracle per esempio, come strumenti per guidare l’innovazione. In altri casi, strumenti di progettazione, come nella presentazione di
Mad*Pow. - Tutti i produttori di sistemi per
l’eyetracking erano presenti con i loro stand e almeno due presentazioni erano dedicate a promuoverne l'utilizzo. L’unico intervento che ho seguito non ha smosso di un millimetro la mia convinzione che si tratta di uno
strumento poco utile. In uno degli esempi mostrati, non era certamente necessario l’eyetracking per capire che le immagini in un catalogo di e-commerce erano troppo piccole e che era necessario ingrandirle per aumentare le vendite. Gli altri esempi, credetemi, non erano certamente più incisivi.
A quanto pare, il punto di forza dell’eyetracking non è la sua capacita di fornire indicazioni utili, ma quello di farle vendere, per quanto banali siano. Certo, se si hanno
circa 90.000 euro da buttare, tra sistema e formazione, è indubbiamente un buon investimento.